Trento, 22 gennaio 2011
BOATO: «UN ERRORE VOLER INTERFERIRE.
VISIONE ORGANICISTICA DELLA SOCIETÀ»
Serve un dibattito pubblico sulla norma. Non come con il Parco dello Stelvio.
L’ex parlamentare fu il primo studente d’Italia a sedere in un cda
dal Corriere del Trentino di sabato 22 gennaio 2011
«L’intervento di Dellai tradisce una visione quasi organicistica della comunità trentina. Ma la conflittualità, se regolata, è un valore positivo». Non è un Marco Boato demolitorio quello che critica la posizione del governatore sull’attuazione della delega sull’università, giudicata comunque «positiva». Il primo studente d’Italia ad entrare in un consiglio di amministrazione di un’università appare piuttosto preoccupato dall’idea che l’occasione possa essere sprecata consegnando «le scelte strategiche dell’ateneo alle decisioni delle variabili maggioranze politiche».
Lei cita parte della replica di Giovanni Pascuzzi all’intervento di Lorenzo Dellai. Condivide la posizione del prorettore?
«Condivido quanto detto dal professor Pascuzzi e anche le riflessioni che, sempre sul vostro giornale, ha fatto il segretario del Pd, Michele Nicoletti».
In questi mesi di dibattito un po’ sotto traccia che idea si è fatto di questa nuova delega ottenuta da Piazza Dante?
«La delega è sicuramente un bene. Negativo è stato invece il metodo con il quale la si è ottenuta. Il patto di Milano è stato sottoscritto senza il minimo coinvolgimento dell’organo assembleare che, nell’insieme di maggioranza e opposizione, rappresenta i cittadini trentini».
Giusto procedere con una norma di attuazione?
«Necessario, nonostante inizialmente Dellai pensasse il contrario. È opportuno ricordare che si tratta di una delega e non di una nuova competenza ottenuta con una modifica statutaria. Ciò significa che la delega, così come è stata data, può essere tolta. Una norma di attuazione, invece, ha rango sub-costituzionale. Può essere modificata solo da un’altra norma di attuazione. Proprio per questo è opportuno che sia frutto di un ampio dibattito».
Come quello sulla «provincializzazione» del Parco dello Stelvio?
«Esattamente il contrario. Quella è stata una marchetta pagata dal governo alla Svp in cambio dell’astensione sulla fiducia. Prima dell’approvazione, il testo deve essere reso pubblico, in modo che tutti possano conoscerlo e discuterlo, compreso ovviamente il consiglio provinciale. Mi auguro che questa volta la presenza di Roberto Pinter in Commissione dei dodici sia più rilevante».
Di quanto emerso fino ad ora cosa pensa?
«Ho letto con attenzione gli interventi di Pascuzzi, Dellai e Nicoletti. Le osservazioni di Dellai non sono mai banali, ma contengono molte ombre. Ha fatto bene Pascuzzi a mettere in guardia dal lasciare “le scelte strategiche dell’ateneo alle decisioni delle variabili maggioranze politiche”. Così come ho condiviso l’altro concetto, il fatto che “il carattere pubblico dell’istituzione finanziatrice non è automaticamente garanzia di libertà di ricerca”».
Il “pago io, decido io”?
«Niente di più sbagliato. Sono contrario all’idea che nel cda possano esserci solo figure esterne all’università. Fui il primo studente a sedere in un cda e, anche se il mio potere decisionale era nullo, i miei “verbali” erano importantissimi per la discussione su quanto avveniva».
Anche lei, quindi, si mostra preoccupato per l’autonomia dell’ateneo.
«Si tratta di un’autonomia non a caso tutelata dall’articolo 33 della Costituzione. Un governo non deve interferire direttamente nella vita dell’ateneo. Stiamo parlando di una norma che resterà a lungo in vigore e già nel 2013 altre logiche culturali, o sub-culturali, potrebbero entrare in Provincia. E proprio perché l’ente pagatore è più vicino che bisogna rafforzare l’autonomia dell’università».
Senza autonomia finanziaria, non c’è reale autonomia.
«Appunto. Ho trovato esorbitante l’idea di Dellai di negoziare anche la quota premiale, oltre a quella programmatica. Lo Stato non si è mai sognato di negoziare i campi di ricerca. Questo ovviamente non significa che l’università possa essere una torre d’avorio rispetto alla società. Un’altra questione mi preme: i prevedibili investimenti sulle scienze fisico-tecnologiche, non devono far dimenticare gli studi sociali, giuridici e umanistici».
Secondo lei, a monte di questa impostazione, c’è qualcosa di sbagliato nella visione d’insieme?
«L’intervento di Dellai tradisce una visione quasi organicistica della comunità trentina. Come se potessimo costruire una comunità in cui tutti gli elementi ruotano intorno ad un’unica strategia e un’unica regia. Ma la conflittualità, se regolata, è un valore positivo».
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